Nelle mie visite nelle città del Sud torno a toccare con mano
i problemi e i disagi di fasce consistenti della popolazione meridionale.
Penso, soprattutto, ai quartieri emarginati dei nostri centri
urbani, da Taranto sino a Napoli, Bari, Reggio Calabria, Catanzaro e Foggia,
dove persiste un forte problema legato all’assistenza sociale e al bene comune
e quindi alla sicurezza e alla legalità. E ancora una volta registro l’assenza
dello Stato rispetto all’obbligo di responsabilità che dovrebbe avere per
creare opportunità per tutti i cittadini, alimentando così quella
speranza di miglioramento che non può essere assolutamente disattesa.
Vedo poche strutture pubbliche che aiutano a
recuperare un’esistenza diversa e migliore, che possa garantire una vita al di
là dei reati e dell’illecito.
Registro, ancora una volta, l’opera di “supplenza” esercitata
dalle organizzazioni cattoliche: religiosi, laicato cristiano, Ordini,
Congregazioni, associazioni, oratori. Un sistema che é capillare sul territorio
meridionale, presente attivamente in numerosi settori del servizio sociale: assistenza
agli emarginati, agli anziani, ai malati, ai poveri, tutela dei minori
abbandonati, scuola e formazione.
Una grande opera che, tra l’altro, ho avuto modo di
riscontrare nelle terre dell’Africa, nel periodo in cui ho operato in Ruanda (e
non solo) per conto delle Nazioni Unite, dove l’impegno delle missioni cattoliche,
suore e sacerdoti, é ancora fondamentale per quelle popolazioni martoriate
dalla povertà e dai conflitti interni.
Le gravi carenze che si manifestano nel Sud italiano nel
settore sociale sono spesso colmate dall’azione incondizionata del mondo
cattolico, da sempre attivo nei rioni dei grandi centri urbani che versano in
una situazione di radicato degrado e di quasi completo abbandono sociale, assicurando azioni educative concrete
che coinvolgono, in particolare, giovani, perché loro sono il presente e il
futuro ed è su di loro che deve consolidarsi il senso di responsabilità.
Ma lo
Stato deve fare la sua parte. C’è bisogno di una impostazione delle iniziative
assistenziali pubbliche che possa mirare alla prevenzione dei mali sociali e al
reinserimento attivo degli emarginati. Non servono interventi tampone, ma un
impegno serio e costante per una cultura della legalità che accompagni i cittadini
nella loro crescita. Un quartiere degradato, dove si vive male e c’è tanta
disoccupazione, disperazione, criminalità, è anche una polveriera sempre pronta ad esplodere.