martedì 31 dicembre 2013

L’Italia raccontata in “Anagramma”

ET.EBOOK CON 12 INTERVISTE DA CONSERVARE DI GRIMOLIZZI
Ci sono molti modi di raccontare il mondo. Tra questi, uno dei più complessi è quello di porre domande a soggetti che quel mondo lo vivono, e cercare di riportarne fedelmente le risposte. Si chiamano “interviste”, sono spicchi di realtà. La cosa difficile, una volta raccolta una serie di testimonianze, è cercare di ricomporle in un quadro unico, nel quale sia possibile tornare all’obiettivo iniziale: raccontare il mondo.
Proponiamo in estratto da Anagramma Italia l'intervista a Silvana Arbia






martedì 24 dicembre 2013

Gli Auguri di Silvana Arbia al Comitato Silvanaperlabasilicata

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Silvana al Comitato, augurando a tutti un sereno Natale. 

Cari amici del Comitato,
giungendo alla fine dell’anno, riflettevo su quanto importante sia stato l’anno 2013 per me. Voi mi avete fatto sapere che posso essere utile alla Basilicata e all’Italia, in un momento in cui rientrando da un’esperienza internazionale durata quattordici anni, ho trovato il mio paese e la mia regione in uno stato di profonda crisi senza precedenti. Grazie per avermi comunicato che l’onestà ed il merito sono ancora apprezzati; che a volere un progresso durevole, la legalità e la giustizia siamo in molti; che a rimanere saldamente radicati nel nostro orgoglio e nella nostra civiltà siamo tutti i lucani, residenti in Basilicata o  al di fuori di essa.
Il vostro appello e la vostra fiducia hanno creato le basi di un progetto nuovo, quello di una società moderna, sicura, prospera e proiettata nel futuro. Con l’impegno di tutti possiamo assicurarci un futuro di libertà, e di dignità.
Buon Natale e Buon Anno 2014 a tutti. 
Silvana Arbia                

21.12.13


Nessuno può essere sottoposto 
a trattamenti inumani o degradanti
Dalle carceri ai centri di accoglienza, la protezione della dignità delle persone è una questione aperta

di Silvana Arbia

“Nessuno può essere sottoposto alla tortura o a delle pene o a trattamenti inumani o degradanti”: questo è il testo chiaro, inequivocabile ed imperativo dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, in vigore dal 1953 ed in Italia dal 10 ottobre 1955. E’ il testo sulla base del quale, all’inizio di quest’anno, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo e operante nell’ambito del sistema del Consiglio d’Europa, all’inizio di quest’anno ha stabilito che l’Italia deve risarcire i danni subiti da alcuni detenuti in quanto vittime di trattamenti inumani o degradanti e ha prescritto l’adeguamento delle carceri sovraffollate entro un anno.

Tuttavia, proprio in concomitanza del varo del decreto legge che deve rimediare al problema delle carceri e adempiere le prescrizioni della sentenza di gennaio 2013 sui trattamenti inumani o degradanti e a chiusura di un anno critico sotto molti aspetti, emerge, se accertata, una situazione allarmante e devastante riguardante il trattamento di immigrati in centri di accoglienza a Lampedusa.

Intanto, in attesa dell’entrata in vigore delle modifiche al codice penale italiano che sono stabilite nel disegno di legge contro la tortura (DDL nS.849), sul cui testo lo scorso ottobre si è concluso l’esame in Commissione giustizia del Senato e che dovrebbe senza ritardi ulteriori diventare legge, introducendo un nuovo articolo nel codice penale italiano, va segnalata la lacuna contenuta nel testo di detto DDL, che punisce, è vero, non solo la tortura ma anche i trattamenti inumani o degradanti, ma solo se questi trattamenti siano commessi per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, quindi atti di persecuzione, mentre nessuna tutela penale è prevista per altri atti inumani o degradanti.

Stante tale lacuna e in attesa che il ddl diventi legge, chiunque subisce trattamenti inumani o degradanti oggi può invocare l’art.3 della CEDU. La definizione di trattamento inumano o degradante è stata elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale un trattamento per essere tale deve raggiungere una sufficiente soglia di gravità che si deve valutare in relazione al contesto, alla natura del trattamento, alla durata, alle conseguenze che ne sono derivate alle vittime. Secondo tale giurisprudenza é degradante il trattamento se ha creato sentimenti di paura, angoscia, senso di inferiorità, di umiliazione tali da diminuire la resistenza fisica o morale, non essendo necessaria l’intenzione di umiliare la persona.

Non possiamo ignorare la gravità della situazione nazionale, in cui la mancanza di adeguata tutela contro i trattamenti inumani o degradanti, in attesa di leggi che dopo decenni ancora non hanno attuato convenzioni ratificate tempo addietro, potrebbe porre l’Italia tra i paesi ai primi posti nella graduatoria delle violazioni dei diritti fondamentali della persona. Lo sapevamo, forse, ma gli stranieri che si riversano a Lampedusa, squarciano con un bisturi morale mali conosciuti, cronicizzati e non curati nel nostro paese.

Personalmente spero e mi auguro che le notizie sui fatti occorsi a Lampedusa in questi giorni non siano vere, e soprattutto mi auguro che il sistema giuridico e giurisdizionale nazionale permetta di intervenire efficacemente per prevenire e punire, se del caso, le violazioni delle lapidarie statuizioni secondo le quali nessuno può essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, siano essi commessi in carcere o in centri di accoglienza o altrove. 

mercoledì 11 dicembre 2013

Un commento alla morte di Nelson Mandela di Silvana Arbia

Venerdì scorso mi trovavo all’imbarco di un volo per Kigali quando ho appreso che Mandela era morto. Le persone che come me attendevano di imbarcarsi esprimevano cordoglio, comprensibile ed inevitabile trattandosi di Nelson Mandela. Nessun essere umano potrebbe ragionevolmente pensare che un suo simile, anche se speciale e necessario per l’umanità, possa rimanere con noi per sempre, eppure tutti e in tutte le lingue in questi giorni parlano di “perdita”. Una persona molto anziana, 95 anni, e non in ottimo stato di salute, continuava, è vero, a mantenere viva la speranza di cambiamenti positivi nella storia dell’umanità. Persone di ogni età hanno guardato e continueranno a guardare con rispetto la sua forza, il suo coraggio, la sua profonda umanità. Molti giovani e meno giovani si sono ispirati a lui

Ma se Mandela rimane solo un mito, un grande nel pantheon, non riusciremo mai a beneficiare a pieno della sua eredità morale. Molti tipi di segregazioni esistono anche nella nostra epoca senza che nessuno agisca! Dobbiamo sempre aspettare che qualcuno si immoli per dimostrare che ogni essere umano è nato libero e ha uguali diritti e uguali doveri? Tante pratiche simili all’apartheid rimangono in vigore a causa della nostra indifferenza. Mandela ci ha guidati a fare un importante passo avanti, e dobbiamo evitare di ritornare indietro. Considerare l’apartheid come un problema africano sarebbe un grande passo indietro rispetto al progresso che Mandela ci ha permesso di fare. L“apartheid”, termine del linguaggio africano collegato al termine inglese “apartness”, ha costituito un sistema di segregazione razziale in vigore in Sud Africa dal 1948 per rafforzare il controllo, da parte della minoranza bianca, sulla maggioranza nera. Tale regime suscitò le prime reazioni lo stesso anno, così il 12 luglio 1948 il rappresentante dell’India presso le Nazioni Unite, dr. Padnanabha Pillai, scrisse al Segretario Generale manifestando preoccupazioni sul trattamento del gruppo etnico indiano in Sud Africa. Nulla accadde fino al 1971 quando l’URSS e le Guinee completarono la prima bozza di Convenzione per la soppressione e la punizione del crimine di apartheid, che fu poi adottata nel 1973, introducendo per la prima volta la qualificazione dell’apartheid come crimine contro l’umanità, quindi crimine internazionale. Più di cento stati aderirono, altri (tra cui l’Italia) non firmarono, seguendo la posizione degli Stati Uniti che attraverso l’allora ambasciatore Ferguson Jr. avevano dichiarato inaccettabile definire l’apartheid crimine contro l’umanità, essendo i crimini contro l’umanità particolarmente gravi. Nonostante tali opposizioni qualche anno dopo, nel 1977, l’apartheid viene pure definita come grave violazione del diritto internazionale umanitario, nel Protocollo addizionale 1 alle Convenzioni di Ginevra del 1949. E più tardi il crimine di apartheid fu definito nello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale e adottato nel 1998, come atto inumano (crimine contro l’umanità), commesso in un contesto di regime istituzionale di oppressione sistematica e dominazione da parte di un gruppo razziale su un altro gruppo razziale con l’intento di mantenere tale regime. 

Se ci guardassimo intorno forse potremmo rinvenire altre situazioni in cui tale crimine è stato commesso e sta per essere commesso. Sperare che non sia così non basta a tranquillizzare le coscienze e le menti. Inoltre le segregazioni che devono essere evitate e o rimosse oltrepassano i confini di quelle criminalizzate. Personalmente penso che il miglior omaggio alla memoria di Nelson Mandela sarebbe un’azione diretta ad eliminare segregazioni, muri, leggi, pratiche, costumi e altro che, anche al di là dei limiti della convenzione del 1973, quindi anche al di là della segregazione razziale e anche al di là della definizione di crimine contro l’umanità, costituiscono strumento per mantenere o rafforzare il potere di un gruppo a discapito di altri gruppi. 

L’esclusione e l’oppressione stanno comprendendo oggi sempre più ampie parti della popolazione (o delle popolazioni, se consideriamo contesti come l’Unione europea), come conseguenza di strategie politiche intese a conservare posizioni dominanti per una parte, e Mandela ha già percorso l’unica via possibile per l’umanità di fronte a fenomeni del genere: non accettarli e mettersi a capo degli oppressi e degli esclusi, con le mani disarmate ma sempre alzate per intimare l’alt. 

Tratto da:
http://www.laperfettaletizia.com/2013/12/per-non-seppellire-con-mandela-la-lotta.html

Cara Basilicata, chi ti salva?

su Un'ora nella vita del mondo
Autore: Francesca Barra
 
Data:2013-12-02

Maltempo e danni in Basilicata. Io sono lucana.E sono una giornalista.Sono stanca,umiliata e offesa che si parli poco e male e solo con caricature o per niente,della nostra regione. Allora faccio politica io, che non sono politica. Il maltempo ha colpito il cuore della mia terra: campagne, stabilimenti balneari, strade…ho ricevuto immagini delle condizioni di policoro dai miei amici e parenti. Mi dicono :”siamo in ginocchio,ma domani saremo al lavoro”. Anche la terra muore, sapete? Non solo la gente. E non è meno importante. Sono venuti a fare campagna elettorale i “politici vips”, ma sono venuti a farsi la guerra, non a parlare di voi.
Allora ve la racconto. Copiate, diffondete.
La Basilicata è la regione più ricca di petrolio in Italia, una delle più ricche di acqua.
È attraente per il turista per l’interscambio mare monti. Si può visitare uno dei parchi naturali più grandi d’Europa (il parco del Pollino) che si raggiunge in mezz’ora dalla costa ionica dove esistono insediamenti balneari con vaste pinete ed oasi del WWF.
Ci sono siti archeologici di notevole interesse culturale visto che siamo nel cuore della magna Grecia, nella terra che vide spartaco combattere contro Roma e perdere la sua ultima battaglia, dove sbarcó epeo costruttore Del cavallo di troia, i musei di Metaponto e Policoro, l’antica Heraclea.
È ricca di necropoli e bellezze paesaggistiche, il parco del pollino e le dolomiti lucane.
La sua agricoltura è una delle più pregiate d’Italia(fragole,kiwi, ortaggi,pesche,agrumi).
Ma resta tra le più povere d’Italia in termini di reddito medio pro capite, con un altissimo tasso di disoccupazione e di recessione. Il turismo è limitato a presenze pendolari e a flussi da regioni vicine. La stagione balneare che, per il clima potrebbe durare quattro mesi è limitata a 40 giorni. Mancano strutture di richiamo, mancano soprattutto infrastrutture. Non possiede aeroporto, neppure pista aeroportuale, la ferrovia funziona male e ha un solo binario, in pratica è tagliata fuori dal resto dell’Italia. Per questo motivo il turismo importante nazionale ed estero viene dirottato su regione del sud meglio collegate.
L’agricoltura che riusciva a garantire redditi alti a imprenditori agricoli e alle relative famiglie, è compressa e sofferente a causa della concorrenza spesso sleale di altri paesi. Questo accentua l’emigrazione soprattutto dei nostri giovani. L’area industriale della val basento è un insieme di cattedrali nel deserto.
Mancano politiche economiche di sviluppo!! Manca il vostro intervento. Diffondete!! E se volete intervenire nel mio programma radiofonico su radio1 rai e raccontarmi la vostra situazione, scrivetemi!
twitter: @francescabarra


Articolo originale all'indirizzo:
http://un-ora-nella-vita-del-mondo.com.unita.it/politica/2013/12/02/cara-basilicata-chi-ti-salva/

domenica 27 ottobre 2013

Assegnato durante la serata conclusiva del premio “La pulce letteraria”,a Silvana Arbia il Premio “la pulce d’argento” 2013.


VIGGIANO (PZ) – Si è chiusa presso l’Hotel Kiris a Viggiano di Potenza, con la partecipazione dei personaggi televisivi Gino Aprile e Vittoria Rocco la IX Edizione del Concorso Internazionale di Poesia Narrativa e Saggistica di Viggiano “La Pulce letteraria“. A conclusione della Rassegna è stato Assegnato alla giurista Lucana Silvana Arbia (ricopre dal 2008 l’incarico di capo della cancelleria della corte penale internazionale dell’Aia), il Premio “la pulce d’argento”, che ad ogni edizione del premio letterario omonimo, è attribuito ad un personaggio (preferibilmente Lucano) distintosi nel campo dell’arte, della cultura, della letteratura e dello spettacolo. Fermi occhi azzurri in un volto di donna severo, ma dal sorriso spontaneo. Una lady di ferro, potremmo definirla, Silvana Arbia, originaria di Senise, non appaia strano che in molti, proprio pensando al ruolo che ha svolto la vedrebbero ben volentieri presidente della Regione Basilicata, specialmente adesso che vi è una caduta verticale di valori e conseguentemente di personalità di grande spessore che potrebbero assurgere a quei ruoli guida. Tanto di più visto che sembra decisa a “fermarsi” nella sua terra di nascita, con l’intento di volere istituire in Basilicata un centro per la cura dei talenti, una fondazione sui diritti umani ed ogni altra utile iniziativa creata allo scopo di rendere incisiva la valorizzazione del territorio. “Occorre lavorare in sinergia d’intenti”. Mi dice. Giusto: spesso al territorio del meridione d’Italia manca questa specifica capacità d’intenti. Lei, che ha affermato:-“La scelta di studiare giurisprudenza è frutto della voglia di legalità e di dare risposte a chi ne chiedeva”, non si sarà meravigliata che sia nato appunto da cittadini alla ricerca di verità un appello atto a fare sì che sia proprio lei a rappresentare una politica capace di esprimere una corretta amministrazione che garantisca servizi eccellenti per rendere la Basilicata il miglior posto in cui vivere. Ella stessa ha precisato:-“La Lucania è un’ispirazione. Un’ispirazione molto forte che ha anche spinto me ad andare in giro per il mondo in cerca di verità da restituire alla Storia ed all’umanità. Un progetto molto ambizioso ispirato proprio alla Lucania.”- L’appello dei cittadini che la vorrebbero presidente della regione Basilicata, sta riscontrando un grande successo, ed è visibile sul blog silvanaperlabasilicata.blogspot.it, che ha registrato circa 1000 accessi già nelle prime 50 ore. Intanto lei, premiata, ha assistito alla serata finale con una grazia femminile tale da non riuscire a nascondersi neanche dietro l’austero tajer o i corti capelli che rendono più incisivo lo sguardo. Lo sguardo dietro di cui si evidenziano anche il coraggio e la determinazione con cui, dal 1993 al 1998, come giudice nella Corte D'Appello di Milano, si è occupato di casi di criminalità organizzata sia livello interno sia internazionale, riciclaggio, traffico internazionale di stupefacenti, corruzione ed abusi su minori. Lo stesso sguardo che deve avere accompagnato il formarsi delle lettere sulle pagine che creava a computer, nei momenti in cui scriveva: "Mentre il mondo stava a guardare - Vittime, carnefici e crimini internazionali: le battaglie di una donna magistrato nel nome della giustizia".Premio Carlo Levi 2012. Chiaramente l’attestato di stima donatole nella serata finale del Premio “La pulce letteraria” il giorno 27 ottobre 2013, non si può che definire assegnato più che a giusto titolo.

Bianca Fasano

 http://youtu.be/3KXNVVCaI9c

sabato 19 ottobre 2013

Silvana commenta lo straordinario risultato dell'appello

Le firme raccolte sono state tantissime, ben oltre il numero legale previsto per la presentazione delle liste elettorali. Riportiamo le parole di Silvana Arbia nel commentare lo straordinario risultato dell’appello sul sito www.silvanaperlabasilicata.it .


Ringrazio il comitato organizzatore  che mi ha rivolto l'appello del 12 ottobre affinché accettassi la candidatura a presidente della Regione Basilicata e tutti coloro che vi hanno aderito manifestandomi fiducia e sostegno. Sono venuta in Basilicata   per conoscere queste persone e per incoraggiarle a proseguire in scelte che premiano la competenza e il merito e promuovano il cambiamento. Mi ha fatto piacere vedere anche tanti giovani che credono in me. A loro assicuro il mio ineludibile impegno per realizzare le loro attese. Ho riflettuto seriamente sull'appello che ha profondamente toccato la mia sensibilità di lucana, donna e giurista, rispetto al quale confermo la mia devozione per la Basilicata e per le sue genti. Testimonio la mia costante vicinanza. Sono certa che insieme a uomini e donne indipendenti e libere costruiremo un futuro prospero.  Pur ritenendo essere un grande onore ed un privilegio l'appello a candidarmi, ho ritenuto in questo momento di grande confusione, che mi hanno vista collegata a diversi gruppi politici, non fosse il caso di lasciar pensare che io potessi essere il candidato di questo o quello schieramento.
Potenza 19 ottobre 2013                                              Silvana Arbia

venerdì 18 ottobre 2013

Frank D’Addario manager e consulente internazionale aderisce all'appello



"Quando altri erano impegnati in politica, gente come noi era in giro per il mondo a diffondere l’eccellenza del Made in Italy. Aderisco all’appello perché conoscendola mi sono reso conto che è giunto il momento di mettere l’esperienza della società civile al servizio della collettività per una politica migliore. "

Michele Fanelli Manager e Consulente di direzione aderisce all'Appello



"Conosco Silvana Arbia,  rappresenta l'eccellenza di cui è capace ancora questa nazione.  Ha tenuto alto il nome dell'Italia e della Basilicata nelle istituzioni italiane e internazionali attraverso la sua attività di magistrato, prima in Italia, poi come procuratore presso il Tribunale Penale Internazionale  per il Ruanda e successivamente come Registrar, massimo incarico amministrativo presso la Corte penale internazionale. Aderisco all'appello e spero accetti per il bene della Basilicata"

Vincenzo Villani di Accettura imprenditore del settore importazione e vendita Camper con attività a Modena e Matera



“Aderisco con grande piacere ed immensa soddisfazione alla possibilità di avere gente nuova capace competente ma soprattutto con grande spirito morale alla guida della regione Basilicata.Da piccolo imprenditore lucano in terra emiliana dico che e' giunto il momento di cambiare completamente pagina e di aprirne una veramente nuova con volti nuovi ma soprattutto con idee nuove. Mi auguro vivamente che il popolo lucano sappia cogliere questa grande occasione. Silvana Arbia e gli altri candidati che formeremo la sua lista devono rappresentare la vera svolta di cambiamento per la nostra regione.

mercoledì 16 ottobre 2013

Grande interesse per l'appello “Silvana per la Basilicata”


L’appello a Silvana Arbia, nato come iniziativa spontanea di  un gruppo di cittadini,  sta riscontrando un grande successo. Il blog  silvanaperlabasilicata.blogspot.it,  ha registrato circa 1000 accessi nelle prime 50 ore. Professionisti, imprenditori, studenti e gente comune stanno apprezzando la figura di Silvana  comprendendo l’importanza di volti nuovi nella politica. E’ gia in corso la raccolta firme per la presentazione delle liste: Cittadini coraggiosi con la voglia di cimentarsi in una politica capace di esprimere una corretta amministrazione che garantisca servizi eccellenti per rendere la Basilicata il miglior posto in cui vivere.
 Testimonianze qualificate come quella di  Maria Xenia Doria imprenditrice lucana  “ Aderisco all’appello rivolto a Silvana Arbia affinchè accetti di candidarsi alla Presidenza della Regione Basilicata. Sosterrò con convinzione la sua scelta perché insieme io, lei e tanti altri cittadini possiamo farcela.“ .
Tanti commenti ed apprezzamenti, disponibilità ad un impegno diretto candidandosi. Messaggi  di convinta adesione si alternano a dichiarazioni appassionate  come quella di Eufemia: Abbiamo assoluto bisogno della Sua presenza e del Suo lavoro per salvare questa meravigliosa terra.   “Chiedo e spero che sia la persona giusta a rimuovere le frustazioni di tutti i lucani amanti di questa terra che se pur ricca di risorse naturali ed intellettuali – afferma Giulio di una associazione camperisti - non si capisce perchè sia la più povera e perchè le migliori menti devono andare via per far spazio a non so chi.... “.   Fino ad arrivare a vere e proprie dichiarazioni di amore come quella di Maddalena:La conosco da sempre, è una persona integerrima che ha scalato le vette senza dimenticare le sue radici, ha girato il mondo, ma non ha mai smarrito il senso di appartenenza.  Potrebbe vivere la politica nel senso più alto e più nobile del termine, so che affronterebbe con impegno infaticabile la costruzione del bene comune, facendoci dono della sua competenza, del suo tempo, della sua umanità senza riserve, vivrebbe fino in fondo il suo ruolo come servizio, senza inseguire fini personali o particolarismi di sorta, darebbe dignità alla nostra terra, un volto nuovo, orizzonti più ampi, esercitando l'etica della responsabilità che l'ha contraddistinta per tutta la vita. Se accettasse...”
Chiunque volesse aiutare la raccolta firme può contattare il comitato promotore all’indirizzo silvanaperlabasilicata@gmail.com

domenica 13 ottobre 2013

Lezione agli studenti dell'Università Cattolica Milano

Silvana Arbia, la giustizia come missione

Cancelliere alla Corte penale internazionale dell’Aia, ha lavorato per quasi dieci anni ai crimini del Rwanda. Nella sua lezione agli studenti di Scienze politiche e sociali ha spiegato che la Corte è la più grande evoluzione della diplomazia dopo l’Onu

News dalle Sedi, MILANO 
Pubblicato: 07 maggio 2013

di Matteo Menghini

«La giustizia è un diritto fondamentale e per tanto indivisibile. Non ci si può accontentare di servirla in un ambito ristretto: dobbiamo renderla accessibile a tutti». Nasce così la missione di Silvana Arbia nel suo ruolo di Former Registrar (cancelliere) della Corte Penale internazionale dell'Aia, l'organismo istituito dal Trattato di Roma del 1998 per punire i crimini contro l'umanità, i genocidi e i crimini di guerra. Un incarico che l'ha portata il 3 maggio ancora nell'ateneo di largo Gemelli a raccontare agli studenti della facoltà di Scienze Politiche e sociali cosa l'ha condotta a lasciare i tribunali italiani per seguire la strada di una giustizia penale internazionale tutta da costruire. Alla conferenzaLa questione delle vittime nel sistema della Corte penale internazionale: da Roma a Kampala e oltre, presieduta daUgo Draetta, già docente di Diritto internazionale, hanno partecipato il preside della facoltà Guido Merzoni e il direttore del dipartimento di Scienze politiche Massimo de Leonardis.
Proveniente da un piccolo paese della Basilicata in cui tanti fatti criminosi non arrivavano alle aule dei tribunali, Silvana Arbia l'amore per il diritto l'ha sviluppato fin da giovanissima. «La scelta di studiare Giurisprudenza è nata dalla voglia di legalità e di dar risposte a chi ne chiedeva». Dopo gli anni da Pubblico ministero e Giudice d'Appello a Milano, il bisogno di lavorare per la legalità l'ha spinta a nuove e più ampie sfide. Quell'idea di diritto fondamentale e pertanto indivisibile l'ha portata a vivere lo stato nascente delle corti internazionali e a diventare prosecutor (procuratore) nel Tribunale Criminale Internazionale per il Rwanda. «Anche se era solo l'inizio della storia delle corti criminali internazionali - afferma -, mi sono sentita chiamare dall'idea di dare il mio contributo a fronte di un genocidio che nel 1994, dal cuore dell'Africa, ha toccato le coscienze anche di tutti noi europei» spiega la Arbia.
Fra i compiti più delicati della Corte internazionale c'è quello di salvaguardare le vittime. Un incarico che Silvana Arbia reputa di primaria importanza. «Quando mi occupavo del Rwanda -racconta - ho capito quanto fondamentale fosse, perché spesso la popolazione non sa di poter far la sua parte nel processo contro i crimini». La Corte penale internazionale dal 2002, quando entrò in vigore lo Statuto scritto nel Trattato di Roma a cui la Arbia partecipò come membro della delegazione italiana, è oggi un'istituzione permanente. Da quel giorno la Corte ha operato incessantemente, giudicando crimini come il genocidio o la violazione dei diritti umanitari. Almeno per i Paesi che vi hanno aderito, che sono attualmente 121, a fronte di alcuni che non l'hanno fatto, come Cina e Russia, e di alcuni che hanno firmato ma non ratificato, come gli Stati Uniti e Israele.
«La Corte - conclude Silvia Arbia chiedendo all'ateneo di largo Gemelli di continuare il suo impegno nella formazione giuridica e nella divulgazione dell'operato di questi nuovi organismi internazionali - è la più grande evoluzione della diplomazia dopo l'Onu e ha sconvolto il sistema punitivo intervenendo nella sovranità degli stati. Tutti, anche quelli che non vi aderiscono, riconoscono l'importanza della sua istituzione».http://www.cattolicanews.it/news-dalle-sedi-silvana-arbia-la-giustizia-come-missione

sabato 12 ottobre 2013

Il Presidente del Senegal incontra Silvana Arbia

La Dépêche d'Abidjan


Le Président du Sénégal est reçu à la Cour pénale internationale



Le 14 novembre 2012, le Président du Sénégal a été reçu à la Cour pénale internationale à La Haye (Pays-Bas).  De gauche à droite Mme Silvana Arbia, Greffier de la CPI; Mme Fatou Bensouda, Procureur de la CPI ; S.E. Macky Sall Président de la République du Sénégal ; et le juge Sang-Hyun Song, Président de la CPI ©ICC-CPI
Le 14 novembre 2012, le Président du Sénégal a été reçu à la Cour pénale internationale à La Haye (Pays-Bas). De gauche à droite Mme Silvana Arbia, Greffier de la CPI; Mme Fatou Bensouda, Procureur de la CPI ; S.E. Macky Sall Président de la République du Sénégal ; et le juge Sang-Hyun Song, Président de la CPI ©ICC-CPI

Ce mercredi 14 novembre 2012, le Président de la République du Sénégal, Son Excellence Macky Sall, a rencontré le Président de la Cour pénale internationale (CPI), le juge Sang-Hyun Song, ainsi que d’autres hauts responsables de la Cour. 

Le juge Song a remercié le Président sénégalais pour la coopération et le soutien opérationnel et politique apporté depuis longtemps par son pays à la Cour. « En tant que premier Etat à ratifier le Statut de Rome en février 1999, le Sénégal occupe une place particulière dans l'histoire de la CPI », a indiqué le Président de la CPI. «La CPI se réjouit de travailler avec le Sénégal et tous les autres États parties au cours des prochaines décennies pour atteindre notre but ultime de mettre un terme à l'impunité », a ajouté le Président Song. 

Le Président Sall a déclaré que «la création de Cour constitue un progrès remarquable de la communauté internationale dans la lutte contre l’impunité et pour le respect par tous des valeurs universelles qui fondent notre humanité ». Il a également assuré que son pays continuera d’apporter son soutien à la Cour dans toute la mesure possible. 

La visite du Président de la République du Sénégal à la CPI témoigne de la solide relation basée sur les valeurs partagées de lutte contre l’impunité et de l’importance du rôle de la justice pour le progrès des sociétés. Elle intervient dans le contexte de l’ouverture, le même jour, de la 11ème session de l’Assemblée des Etats parties au Statut de Rome de la Cour pénale internationale. 

La CPI est la première cour pénale internationale permanente créée en vertu d’un traité pour mettre fin à l’impunité des auteurs des crimes les plus graves touchant la communauté internationale, à savoir les crimes de guerre, les crimes contre l’humanité, et le génocide. 

Source : ICC-CPI

Mercredi 14 Novembre 2012
La Dépêche d'Abidjan

Il registrar Silvana Arbia in visita ufficiale nella Repubblica Democratica del Congo

Press Release : 17/03/2009

 ICC - The Registrar of the International Criminal Court meets with stakeholders and affected communities in the Democratic Republic of the Congo

 ICC-CPI-20090317-PR398

The Registrar, Ms Arbia, on the podium of the national Congolese TV station, RTNC - The Registrar and the Minister of Foreign Affairs, Mr Alexis Thambwe Muamba - The Registrar and the Minister of Information, Mr Lambert Mende

Press Release: 17.03.2009

The Registrar of the International Criminal Court meets with stakeholders and affected communities in the Democratic Republic of the Congo

ICC-CPI-20090317-PR398
The Registrar, Ms Arbia, on the podium of the national Congolese TV station, RTNC - The Registrar and the Minister of Foreign Affairs, Mr Alexis Thambwe Muamba - The Registrar and the Minister of Information, Mr Lambert Mende
The Registrar of the International Criminal Court (ICC), Ms Silvana Arbia, is visiting the Democratic Republic of the Congo (DRC) from 15 to 20 March 2009, and meeting with representatives of local and national authorities, non-governmental organisations, members of affected communities, and journalists.

On the first stage of her mission, in Kinshasa, Ms Arbia met successively with the Ministers of Justice, Defence, Human Rights, Foreign Affairs and Information. The Registrar also met with the Procureur Général of the DRC.

With each of her interlocutors, Ms Arbia reviewed the state of cooperation between the Democratic Republic of the Congo and the ICC. She thanked them again for the cooperation shown to date by the DRC and underlined the need to pursue such cooperation and maintain regular dialogue with the Court. She also recalled the obligations of all States Parties to the Rome Statute to implement judicial decisions issued by the ICC and, in the case of the DRC, to execute the warrant of arrest issued in 2006 for Bosco Ntaganda. “There can be no lasting and durable peace without justice. Justice serves peace”, Ms Arbia told the Congolese authorities engaged in a peace process most notably in Kivu.

The Registrar of the ICC also met with members of the diplomatic community based in Kinshasa. Speaking to them, Ms Arbia emphasised the duty of States Parties to cooperate with the Court. “In your efforts to reconstruct this country (DRC), there is also the need to recognize and support this aspect of international criminal justice”, she told them.

Ms Arbia also met with representatives of NGOs and some 40 media outlets. As well as responding to questions on the current situation in Darfur following the issuance of a warrant of arrest for President Bashir, she addressed concerns relating to the Congolese cases before the ICC. Three cases stemming from the situation in the DRC (against Thomas Lubanga Dyilo, Bosco Ntaganda, and Germain Katanga and Mathieu Ngudjolo Chui, respectively) are currently before the Court. The trial of the first Congolese accused, Thomas Lubanga Dyilo, started last January in The Hague.

Finally, the Registrar held a working session with all staff from the ICC’s Kinshasa office. She highlighted the key role played by the field offices in advancing the Court’s cause.

Ms Arbia continues her visit in the Democratic Republic of the Congo in Ituri, where she will hold interactive outreach sessions with local authorities, religious representatives, representatives of NGOs, members of the most affected communities, and journalists.


Press conference given by the Registrar in Kinshasa.

Silvana Arbia interviene al Children and Youth at the ICC

United Nations Office of the Special Representative of the Secretary-General for Children and Armed Conflict

Children and Youth at the ICC: Participation, Protection and Reparations


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Speakers: Silvana Arbia, Registrar of the International Criminal Court; Elisabeth Rehn, Director of the Board of the Trust Fund for Victims; Brigid Inder, Executive Director of Women’s Initiatives for Gender Justice; Grace Akallo, former child soldier from Uganda and co-founder of the Network of Young People affected by War.
Moderator: Ms. Radhika Coomaraswamy, Special Representative of the Secretary-General for Children and Armed Conflict

Premio Donna Zonta V Edizione

PREMIO DONNA ZONTA V EDIZIONE                                      Potenza, settembre 2013

Lo Zonta Club di Potenza quest'anno ha assegnato il Premio Donna Zonta, che premia le eccellenze femminili lucane, ad una grande donna, Silvana Arbia, originaria di Senise, Capo della Cancelleria della Corte penale Internazionale dell'Aja e già Procuratore generale principale per i crimini del Ruanda. Silvana Arbia ha lavorato per oltre otto anni da Procuratore, in prima linea, un incarico che l’ha portata nelle zone più pericolose dell’Africa, dove ha incontrato autori di efferati crimini contro l’umanità. Come Pauline Nyiramasuhuko, ministro della Famiglia in Ruanda e prima donna accusata di genocidio e di stupro quale crimine contro l’umanità, o il sacerdote Athanase Seromba, responsabile del massacro di circa duemila tutsi nella sua stessa chiesa. La sua testimonianza, drammatica e preziosa, ci racconta da un punto di vista assolutamente unico alcune spaventose violenze di massa, oggi spesso dimenticate, dando voce alle vittime dei genocidi, analizzando come agiscono i più feroci carnefici, e spiegando perché molti Stati spesso intralciano l’azione dei tribunali internazionali. Raccontandoci la sua esperienza professionale e di vita, Silvana Arbia ci offre uno straordinario esempio della battaglia civile per la ricerca della verità.Sulla sua esperienza in Africa ha scritto il libro denuncia "Mentre il mondo stava a guardare.Vittime, carnefici e crimini internazionali: le battaglie di una donna magistrato nel nome della giustizia" .
Per il Club Zonta è stato motivo di grande orgoglio poter incontrare e premiare una figura femminile di tale valore e poterla far conoscere alla città di Potenza.
assegnato a

SILVANA ARBIA

Per  aver attraversato le frontiere del mondo
portando con sè la sua umanità,
la limpidezza del suo sguardo,
la capacità di emozionarsi.
Per aver svolto con volontà ed impegno
i difficili, laboriosi e delicati incarichi
che le sono stati affidati,
sorretta da grande professionalità
e da forte determinazione
nel perseguire la giustizia.

               

Silvana_Arbia madrina del PhotoREPORT/Age di Pomarico

Famiglia Cristiana su "Mentre il Mondo Stava a Guardare" di Silvana Arbia

logo famiglia cristiana

RUANDA, UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

Silvana Arbia è stata per otto anni magistrato d'accusa al Tribunale speciale per il Ruanda. Ha deciso di raccontare la sua esperienza intensa e scioccante. Ma non solo.

La copertina del libro di Silvana Arbia.
La copertina del libro di Silvana Arbia.
«Ecco perché ho deciso di scrivere questo libro. Per raccontare i miei quasi nove anni in Africa, dal 1999 al 2008, al servizio del Tribunale penale internazionale per il Ruanda (Tpir) come procuratore. Anni intensi e sconvolgenti, dedicati a perseguire i responsabili degli innumerevoli episodi del genocidio che in soli tre mesi circa, da aprile ai primi di luglio 1994, portò al massacro di quasi un milione di persone. Laggiù non ci sono arrivata per caso, ma per scelta. Dopo anni di magistratura in Italia avevo sentito il fortissimo desiderio di portare il mio contributo alla giustizia internazionale che operava in uno dei paesi più martoriati del mondo».

     È un passaggio del libro “Mentre il mondo stava a guardare” (Mondadori). Il libro parla del genocidio ruandese del 1994. Ma l’autrice, Silvana Arbia, non l’ha vissuto da testimone, ma con la toga: per quasi nove anni ha rappresentato l’accusa (in Italia si direbbe in qualità di pubblico ministero e poi di capo della procura) nelle indagini e nei processi del Tribunale, creato a fine 1994, per punire i reati commessi nel piccolo Paese africano nel corso di quei 100 giorni nei quali soldati, miliziani ed estremisti di etnia hutu massacrarono quasi un milione di tutsi e di hutu moderati che non avevano voluto partecipare al genocidio.

     Silvana Arbia ha perseguito e fatto condannare molti dei principali criminali che hanno pianificato e messo in atto uno dei più incredibili mattatoi del secolo appena trascorso. Un libro intenso e scioccante, che in realtà è molto di più del racconto di una straordinaria esperienza professionale in una Corte di giustizia internazionale: pagina dopo pagina si snocciola un percorso personale ed esistenziale per capire come un orrore di tali dimensioni possa essere accaduto, e per farne memoria.

     «È stato così», scrive Arbia, «che ho guardato negli occhi la crudeltà di assassini spietati e la sofferenza delle loro vittime, ma anche la desolazione e il senso di fallimento di chi si è pentito. Un lavoro duro e difficile, che può ripagare solo con la soddisfazione di poter contribuire a ricostruire una verità a lungo negata».

     Il genocidio non è stato una “calamità naturale”, scrive il magistrato, ma una tragedia annunciata. I nove anni passati a ricostruire gli episodi, a scovare le prove, a raccogliere le testimonianze, portano l’autrice a confermare che, senza alcun dubbio, i suoi ideatori l’hanno preparato, programmato e scatenato in ogni angolo del Paese.

     «Poteva essere evitato», aggiunge, «ma non si fece nulla. Quello che è successo in Ruanda, purtroppo, potrebbe accadere di nuovo. E questo perché chiunque è mosso solo da sciagurate ambizioni e persegue cinici disegni di potere potrebbe essere tentato di eliminare materialmente e definitivamente altri esseri umani in base all’etnia, alla razza, alla religione o alla nazionalità. Per fortuna, oggi abbiamo a disposizione nuove conoscenze che ci permettono di cogliere i segni premonitori delle pulsioni che spingono al genocidio, facendo retrocedere di secoli la storia dell’umanità. Possiamo intervenire in tempo per evitarlo, ma a condizione che la maggior parte di noi ne sia consapevole».
Silvana Arbia.
Silvana Arbia.

Questa è l’altra fondamentale ragione che ha mosso il magistrato a raccontare quanto ha visto in Ruanda e sentito nelle aule del Tribunale: non bisogna solo ricordare, ma anche fare in modo che una maggiore consapevolezza impedisca il ripetersi di tali tragedie.

     «Se siamo coscienti», scrive, «delle strategie che portano a commettere un genocidio e di quanto gravi possano essere le conseguenze di quest’ultimo per tutti gli esseri umani nessuno escluso,possiamo anche sperare che in futuro il mondo non si limiterà a stare a guardare».

     Le pagine di “Mentre il mondo stava a guardare” non provocano soltanto incredulità per la ferocia di chi si è macchiato dei peggiori crimini e per la loro imperturbabilità di fronte alle accuse.Suscitano anche profonda solidarietà e compartecipazione al dramma vissuto da tante vittime innocenti e alla vastità del dolore di chi è sopravvissuto.

     Uno dei passi più toccanti riguarda la visita dell’autrice a Murambi, la scuola dove furono barbaramente sterminati 50 mila tutsi. Oggi, quel luogo è un memoriale a ricordo di ciò che è avvenuto. I corpi delle vittime sono ancora là, quasi che la scena del massacro fosse stata congelata per sempre.

     Così la descrive Silvana Arbia: «La vista di quell’orrore così imponente e aggressivo rappresenta una delle esperienze più devastanti che ho vissuto. In quelle stanze mi sono sentita strappare via dal mio mondo, lo stesso che era rimasto a guardare senza fare nulla per evitare o, almeno, diminuire la portata di quella tragica caduta dell’umanità. Ma per finire dove? In quel baratro di morte ogni speranza di un futuro sembrava impossibile. Tra quelle stanze non si erano perdute soltanto le centinaia e centinaia di uomini, donne e bambini che vi erano stati uccisi, ma tutti noi. Era un’enorme, spaventosa fossa comune morale da dove era difficile rialzarsi».

     «Mi sono sentita nuda e vuota, e per la prima volta completamente inutile. Che cosa avremmo potuto mai fare, ormai, per tutte quelle vittime innocenti?».

     Dopo diverse pagine, il magistrato riesce anche a darsi una risposta: «Un gruppo di bambini ci venne incontro. Una ragazzina si staccò dagli altri e mi si avvicinò. Mi prese la mano e iniziò a stringerla forte. Era un’orfana tutsi, superstite del massacro. Nel 1994 tutta la sua famiglia era stata uccisa e lei era rimasta sola. Anche la sua scuola era stata distrutta. Ma lei voleva studiare: voleva tornare a leggere, a imparare. Ciò che l’ossario di Murambi mi aveva strappato, mi venne restituito da quella bambina. La speranza di poter fare qualcosa di utile, il senso della mia presenza laggiù. Giurai a me stessa che avrei fatto tutto quello che potevo per contribuire a darle un futuro più giusto. Il mio era un impegno ineludibile».

     Un impegno a cui non è venuta meno: oggi Silvana Arbia è segretario generale della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Ha deciso di continuare a perseguire coloro che, in qualunque parte del pianeta, commetta crimini come quelli avvenuti in Ruanda: genocidio, gravi violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e contro l’umanità.

     «Quello che ho imparato in questi anni», conclude, «è soprattutto che la giustizia non può fare a meno della verità. Solo quest’ultima ricolloca i responsabili dei peggiori crimini e le loro vittime ciascuno al proprio posto e al giusto ruolo, ridando a ognuno di noi un’occasione di riscatto. Il libro che ho scritto vuole essere una sorta di “post-it” per non dimenticare».
15 dicembre 2011