mercoledì 30 aprile 2014

Silvana Arbia: “Un’altra bacchettata della UE all’Italia sui temi del lavoro e della produttività”

E una Festa del 1° Maggio anticipata dallultimo dossier della UE sui Paesi europei. Una relazione che ha bocciato lItalia sul tema della produttività, degli investimenti nella innovazione e della burocrazia che frena, e non aiuta, il sistema produttivo.
Molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue istituzioni – evidenzia il rapporto del Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione sull’andamento delle economie dell’eurozona dall’inizio della crisi fino ad aprile 2014 - e la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso dell’Italia.
E lanalisi continua sottolineando che Il Tfp dell’Italia - cioè il fattore che calcola il peso dei vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle tecnologia - si è allontanato significativamente da quello del resto dell’Eurozona, nel decennio che ha preceduto la crisi, anche se la stessa Italia non era fra le nazioni che cercavano di inseguire quelle più progredite. Il calo del Tfp ha spinto l’Italia a divergere dalle altre nazioni dell’euro.
Perché accade questo? La risposta è abbastanza chiara: per la bassa qualità dei servizi pubblici e per la mancata indipendenza dalle pressioni politiche.
E che dire delle tasse? «C’è la prova - emerge dal dossier - che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e la attività di ricerca e sviluppo, sfociando in un impatto negativo sul Tfp. L’Italia ha una tassazione media vicina al 47%, e fra il 1994 e il 2007 non riesce a far crescere il suo Tfp dell’1%, mentre la Finlandia supera nello stesso periodo l’1,5.
Da Bruxelles ci fanno sapere che hanno operato bene le poche nazioni, come la Germania, dove è stato maggiore il contributo di capitale originale dalle industrie ad alta tecnologia (ottica, elettronica, comunicazioni digitali in genere), e maggiori anche gli investimenti dedicati alla ricerca e allo sviluppo. Nella maggior parte delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi anni del periodo pre-crisi (2004-2007) specialmente nei Paesi il cui il fattore Tfp declinava ( la Spagna, il Portogallo e l’Italia). E gli insufficienti investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante spiegazione per il deludente andamento.
I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo – rileva il dossier - tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp. Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi.
Uno stato di fatto che si riflette, inevitabilmente, sull’andamento dei redditi pro-capite nell’Eurozona, che ha rallentato fin dalla metà degli anni ‘90.
Non arrivano buone notizie, ancora una volta, sullo “salute” dell’Italia. Bisogna farlo sapere ai cittadini italiani, ai nostri  cittadini, in particolare a quelli del Sud.

Le rivendicazioni per il lavoro, le legittime aspettative di tanti inoccupati e disoccupati non possono prescindere dall’informazione sull’adeguatezza, o meno, di chi gestisce le politiche del lavoro. L’Europa, ancora una volta, bacchetta la classe dirigente italiana. Purtroppo, in questa Festa del 1° Maggio, non possiamo dimenticarlo.

domenica 27 aprile 2014

Dieci buoni motivi per votare Silvana Arbia alle Elezioni Europee del 25 maggio


Perché è
1.    una persona di alto profilo culturale, professionale e umano;
2.    un magistrato riconosciuto a livello internazionale  e può rappresentarci con competenza, dignità e onore;
3.    Una donna straordinaria di mente aperta e dal cuore solidale;
4.    Una candidata di specchiata moralità disposta a servire il bene comune;
5.    perché ha coraggio e determinazione;
6.    obiettivi chiari e precisi in un programma fondato sulla centralità della persona;
7.     la forza del DIRITTO per contrastare la corruzione e la sopraffazione;
8.    Una spiccata propensione per le sfide impossibili;
9.    difende la democrazia e lotta per l’omnicrazia;
10.   è pronta a battersi per il riscatto del SUD d’Italia e d’Europa.



Dieci prerequisiti che ci fanno coltivare la speranza che non tutto è perduto, che ci può essere un’altra Italia in un’altra Europa!



sabato 26 aprile 2014

Europee, Silvana Arbia e le vittime del lavoro

“L'Europa pretenda dai Paesi membri il rispetto della normativa, e a dicembre di ogni anno si istituisca una giornata per ricordare chi è morto a causa della mancata sicurezza nei luoghi di lavoro".
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, morivano a Torino sette operai dell’acciaieria Thyssenkrupp. L’ennesima tragedia sul lavoro, ancora una volta vite spezzate e tanti dubbi sulle condizioni di sicurezza in cui quei lavoratori erano costretti ad operare nella fabbrica.
A pochi giorni dalla decisione della Cassazione, che ha disposto il rinvio degli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Torino per la «rideterminazione delle pene» dei responsabili di quei fatti e in una fase elettorale per le Europee in cui più alta è l’attenzione dell’opinione pubblica, sia nel nostro Paese che nel Vecchio Continente, lancio la proposta che uno dei due giorni di quel dramma, il 5 o il 6 dicembre, sia per sempre ricordato con l’obiettivo di richiamare tutte le sensibilità, istituzionali e sociali, sul fenomeno delle “morti bianche”. Una data in cui si possa meditare, al di là  dei semplici e spesso solo ripetitivi riti di facciata, sul sacrificio delle vittime del lavoro, di tanta gente deceduta senza soluzione di continuità a causa delle condizioni non adeguate dei luoghi di lavoro. Credo che la giornata in memoria di quelle persone non debba essere solo un “monumento” per non dimenticarle e per portare i fiori sulle loro tombe, ma un’occasione continua per farci capire che è arrivato il momento, e sarà comunque troppo tardi, per occuparsi seriamente di questo fenomeno, della carneficina che ogni anno si consuma nelle fabbriche, nei cantieri e in tanti altri luoghi dove si produce e, spesso, si pensa solo ed esclusivamente al profitto aziendale e poco alla tutela delle vite umane.
Nel nostro Paese, dopo solo quattro mesi del 2014, sono già circa 170 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro, +20,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013. In Italia, purtroppo, si registra il più alto numero di morti sul lavoro tra i Paesi dell’Unione europea. Sì, abbiamo questo triste primato: da noi si muore di più di lavoro. Nel settore della sicurezza sul lavoro, l’Europa è impegnata oramai da diversi anni, indicando livelli operativi vincolanti, ma non di rado sono di fatto resi inefficaci dalla non adeguata verifica degli organi di controllo. Tra l’altro, bisogna insistere sul concetto che gli incidenti e le malattie professionali hanno ripercussioni inevitabili per le aziende a livello di costi da sostenere. Gli investimenti sui temi della sicurezza sono di lungo periodo e, come spesso segnalato dalla Unione europea, riguardano “azioni razionali e non solo deontologiche”.
In questi anni non sono mancate le denunce alla Commissione europea sulla conformità del recepimento in Italia della direttiva 89/391 della Cee sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, tanto che la Commissione ha persino approvato il progetto di costituirsi in mora contro lo Stato italiano. C’è ancora un forte impegno da mettere in pratica sulla strada per attenuare la deresponsabilizzazione del datore di lavoro: dalla tragedia della Thyssenkrupp ad oggi, i decessi dovuti alla scarsa osservanza delle norme per la sicurezza non si sono arrestati. Siamo tutti responsabili di quanto continua ad accadere, come classe politica che non si adopera per quello che dovrebbe, e come cittadini nel momento siamo distanti da questo problema e poco sensibili.
Rivolgo un appello a tutti coloro che sono impegnati in questa campagna elettorale per le Europee a farsi carico di un’azione seria e convinta per invertire la rotta sulle questioni della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci si occupi, in particolare, dei problemi legati alla completa emanazione dei provvedimenti di attuazione del Testo Unico, sino alle difficoltà che registrano le attività ispettive e alla necessità di regole per la tutela di alcuni settori quali i trasporti e l’agricoltura.

Silvana Arbia  
Lista L'Altra Europa con Tsipraz, collegio Sud.

mercoledì 23 aprile 2014

Silvana Arbia aderisce a IMPROVING JUSTICE IN EUROPE

Carissimi,
Ricevo con vivo interesse il Vostro manifesto per il miglioramento della Giustizia in Europa e, in qualità di candidata alle prossime elezioni europee, esprimo il mio pieno appoggio ai punti programmatici da Voi indicati.
Nella mia carriera di magistrato, sia in Italia sia a livello internazionale, ho sempre lavorato affinché l’accesso alla giustizia fosse effettivo e desse risposte concrete alle istanze dei cittadini, soprattutto dei più deboli e di coloro che maggiormente necessitano di tutela.
Durante il mio mandato come Registrar presso la Corte Penale Internazionale ho gettato solide basi per il corretto funzionamento della Giustizia nei procedimenti contro i più gravi crimini internazionali, per l’effettivo diritto alla difesa degli accusati e delle vittime, realizzando appieno i principi del giusto processo.
L’attuazione del principio della complementarietà, secondo il sistema dello Statuto di Roma istitutivo della Corte Penale Internazionale, è stato il fulcro fondamentale di tutto il mio recente impegno per quanto concerne la Giustizia penale internazionale.
Da questa lunga esperienza maturata negli organismi di giustizia sovranazionale ho tratto le linee guida di quello che sarà il mio impegno, nel caso di elezione al Parlamento Europeo.
I temi che da sempre costituiscono le basi del mio operato, e che ho voluto fra i punti essenziali del mio programma, si fondano anzitutto su strumenti che rendano più equo e paritario l’accesso alla Giustizia.
Al fine di conseguire questo obbiettivo, primario per la democrazia in tutti i Paesi dell’Unione, occorre operare a più livelli d’intervento, partendo anzitutto dalla semplificazione normativa, per rendere coerente ed armonico il quadro legislativo di riferimento.
Altrettanto indispensabile appare la necessità di semplificare le procedure, incentivando le ADR (alternative dispute resolution) e le forme di risoluzione dei conflitti più rapide e meno onerose.
Promuovere l’informazione sui meccanismi di funzionamento delle procedure e sulla normativa esistente in materia di legal aid, anche attraverso campagne di sensibilizzazione, per una Giustizia al servizio della collettività e dell’individuo.
 A proposito di legal aid, appare essenziale in questa lunga stagione di crisi economica e sociale una legislazione a livello europeo basata sul rispetto della persona e delle libertà, principi a fondamento della stessa UE, affinché venga garantita la pari dignità di tutte le istanze e le esigenze di giustizia, senza distinzioni di ceto, di genere, di età anagrafica o nazionalità.
In questo scenario, il nuovo parlamento europeo deve svolgere un ruolo essenziale per la difesa della legalità e dello Stato di diritto in tutti i paesi dell'Unione, con interventi normativi finalizzati alla lotta alla corruzione e a tutte le forme di criminalità organizzata, i cui fenomeni assumono sempre più vaste dimensioni sovranazionali.
Le professioni legali hanno un ruolo centrale nel rendere effettivo il diritto di accesso alla giustizia e gli organismi associativi che operano a livello internazionale e europeo per l’affermazione di queste tematiche sono soggetti privilegiati con cui sviluppare un continuo dialogo, di interscambio e partecipazione.
Come in passato, quando istituzionalmente ho mantenuto costanti rapporti con le rappresentanze delle professioni forensi, continuerò nel confronto costruttivo con tutte le associazioni che, come la Vostra, hanno a cuore la creazione di una Europa dove la giustizia sia effettivamente uno strumento essenziale di democrazia di sviluppo e di pace.
            Con i miei più cordiali saluti.

Senise, 23 Aprile 2014

                                                                                        Silvana Arbia 

martedì 22 aprile 2014

Silvana Arbia ha aderito alla petizione contro la corruzione

senza corruzione
Riparte il futuro

ELECTION DAY 2014

Contro la corruzione: in Europa, nelle Regioni e in Comune
firma per chiedere trasparenza e impegno ai tuoi candidati

Ti terremo aggiornato sull’evolversi della campagna e insieme continueremo a fare la differenza, ma ora c’è ancora una cosa importantissima che rimane da fare: condividere la campagna.
Solo con l’aiuto di tutti e solo unendo le forze riusciremo a tenere la corruzione lontana dalle istituzioni. Condividi ora:
petizione con l'aiuto di change.org
Se non vuoi ricevere mail da Riparte il futuro clicca qui
CAMPAGNA PROMOSSA DA
https://blogger.googleusercontent.com/img/proxy/AVvXsEjxmYELODx2dkY5wyBL84-idSTAlGIh_32kQeHb_UfIOO5u1I8GQjM9vFX9Ck4wMnyua4szz3QW8giDD6888AidfYiMeEtwFdQRUem30-LSkED_azwMVzSeyyfcYDa4YAXOg35En_T67A7GNlUaOkwXCgch92TZ=s0-d-e1-ft 

mercoledì 9 aprile 2014

Silvana Arbia aderisce all'appello del WWF


Elezioni Europee 2014

Silvana Arbia
 Se sarò eletta come Membro del Parlamento Europeo nel 2014, mi impegno a sostenere politiche europee che garantiscano l'uso in Europa di risorse naturali entro i limiti del Pianeta. Mi impegno anche a perseguire i seguenti obiettivi:

Affrontare il cambiamento climatico Passare ad un'economia più efficiente nell'impiego delle risorse Fermare la perdita di biodiversità Incoraggiare consumi più sani, equi e sostenibili Assicurare acque pulite e salubri Salvaguardare l'ambiente in modo da garantire il benessere umano in tutto il mondo Bloccare il commercio illegale di legname e fauna selvatica Garantire un'agricoltura sostenibile Ripristinare gli stock ittici Adottare un approccio globale includendo la tutela dell'ambiente in ogni azione, applicare le convenzioni internazionali come la Convenzione di Aarhus.

Costruisci un futuro in cui gli uomini vivono in armonia con la Natura.


lunedì 7 aprile 2014

Il genocidio in Ruanda, il genocidio del ventesimo secolo a unagenerazione dopo.

 Mi dispiace non poter essere tra voi come era mio desiderio per rendere omaggio alle vittime del genocidio del 1994 in Ruanda e ricordare che quel genocidio ci riguarda tutti, poteva essere evitato e noi siamo stati a guardare.
                                                                                                 Silvana Arbia

Venti anni tanti o pochi per la storia dell’umanitá?

Si direbbe pochi per rimarginare le ferite, si potrebbe dire tanti, se la generazione “dopo” non ne ha conoscenza e  senza conoscenza non c’è nulla da ricordare, e se non si ricorda, il rischio che la tragedia si ripeta sará molto elevato.

Al di lá delle celebrazioni doverose, e della compassione per le vittime, cui va il mio costante e rispettoso ricordo, a vent’anni da una tragedia insensata e assurda, abbiamo l’obbligo di chiederci quale impatto ha avuto e ha il genocidio del 1994 in Ruanda nella svolta storica tra una civiltá giuridica di diritto penale statale a quella di una nuova, rivoluzionaria civiltá che pone al centro dei suoi interessi la punizione dei responsabili di crimini internazionali, anche quando le giursidizioni statali non possono o non vogliono perseguire quei crimini.

Si dice che la Corte penale internazionale è al centro di un sistema di giustizia penale internazionale in evoluzione, un progetto ancora in costruzione, il cui effettivo funzionamento puó essere in ogni momento intralciato e bloccato per interessi che non hanno niente a che vedere con la giustizia.

Il Tribunale Penale internazionale per il genocidio del Ruanda, TPIR, creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dopo la consumazione di crimini gravissimi nei cento giorni dalla notte del 6/7 aprile, ha stabilito principi fondamentali del sistema di giustizia penale oggi in vigore.
Nel settembre 1998 ha emesso la prima sentenza di un’istanza internazionale sul crimine di genocidio, definendone gli elementi costitutivi e stabilendo che anche lo stupro, se ricorrano certe condizioni atte ad annientare in tutto o in parte il gruppo etnico, puó costituire genocidio.

Lo stesso Tribunale ha individuato i responsabili di piú alto rango, gli organizzatori, le autoritá militari, civili e religiose, che invece di proteggere la popolazione, ne hanno ordinato la eliminazione.

Grazie a testimoni coraggiosi è stato possibile ricostruire una parte di veritá;  sappiamo perché e come è stato preparato il genocidio, quale soluzione finale, manipolando la gente e implicandola nella mattanza.
Tutti si sono messi a pulire le “case” dagli “scarafaggi”, dai “serpenti” per costruire un buon futuro per il paese, con promessa di benessere e prosperitá.

Il genocidio è un crimine che si puó commettere anche con la sola istigazione a condizione che sia diretta e pubblica e, i media e le autoritá che facevano discorsi nelle piazze, nei mercati e in aree accessibili al pubblico, diffondevano discorsi infiammatori, cui nessuno avrebbe potuto resistere.

Chi è il nemico?, domanda che anche oggi, nel nostro tempo che pretendiamo essere sviluppato, costituisce un elevato rischio, con la possibilitá di scaricare su individui e o gruppi con certe caratteristiche, la responsabilitá dei mali che sperimentiamo.
Se oggi rompiamo il silenzio rispettoso per le tantissime vittime del 1994,  la ragione deve essere una sola: rifiutare l’esposizione delle popolazioni civili ai rischi di crimini internazionali come il genocidio, i crimini contro l’umanitá e i crimini di guerra e agire per prevenirli.

La crisi economica, la povertá, il potere a tutti i costi, sono situazioni che possono esistere in qualsiasi angolo del mondo, pertanto dobbiamo vigilare e agire senza alibi.

Non possiamo stare a guardare come abbiamo fatto durante i mesi terribili da aprile a luglio 1994.

Esprimo la mia più profonda compassione per le vittime,e i sopravvissuti, e aggiungo la mia voce agli organizzatori e ai partecipanti a questa importante celebrazione perché la memoria rimanga viva e attiva per evitare che la pace sia messa in pericolo. 

giovedì 3 aprile 2014

Le Istituzioni nazionali ed europee devono proteggere tutti coloro che accettano di servirlo

Il nostro Paese e l’Europa non possono uscire dall’attuale crisi economica, politica e sociale senza una concreta lotta alla criminalità organizzata, ed alla sua arma più potente che è la corruzione.
L’apparente abbandono dell’uso della violenza, per affermare il proprio dominio sul territorio, rappresenta soltanto un cambio di strategia posto in essere dalle organizzazioni criminose, sempre più capaci di gestire enormi flussi finanziari, riciclando denaro sporco ma senza per questo rinunciare ad attività delittuose più tradizionali, come il traffico internazionale di stupefacenti o di armi, la distruzione dell’ambiente, fino alla tratta di esseri umani.
Nonostante decenni di lotte e di rinnovati tentativi per sconfiggerla, e nonostante il sacrificio di molti addetti alla giustizia, la criminalità organizzata rimane tuttora in grado di intaccare e deteriorare il tessuto economico, finanziario e produttivo, senza che vi siano zone franche a livello nazionale o sovranazionale, diventando sempre più penetrante negli organi vitali della democrazia e dello Stato di diritto.
In questo scenario, coloro che a livello istituzionale combattono in prima fila il diffondersi di tutte le mafie, cercando al contempo di sconfiggere con gli strumenti della legge ogni forma di criminalità organizzata, svolgono un compito di altissimo valore a tutela della giustizia che è indispensabile per la democrazia, per lo sviluppo e per la pace.
La giustizia  costa ma la tutela dello stato di diritto e dei diritti fondamentali di ognuno di fruire del servizio giustizia è indivisibile e irrinunciabile e non negoziabile.
La giustizia crea progresso e benessere, è strumento di vita e non può diventare un’arena dove uomini e donne di valore decidono di immolarsi.
Per questo è fondamentale che la società civile faccia sentire la sua voce per esigere che tutte le istituzioni preposte ad assicurare la protezione e il benessere della nostra società e ad amministrare i nostri beni comuni  e le risorse finanziarie del paese, pongano tra le priorità la giustizia, quella effettiva, vicina ai cittadini, in grado di funzionare nell’indipendenza e con i mezzi necessari e nella sicurezza di coloro che vi operano, le loro famiglie e le loro comunità.
Occorre allora che la società civile, esprima il suo supporto nei confronti di chi si oppone strenuamente ai poteri organizzati di stampo criminale, manifestando concreta solidarietà soprattutto a quei magistrati che combattono in prima fila questa battaglia comune di civiltà.
Affinché il loro impegno professionale e il loro coraggio civile non subiscano minacce o intimidazioni è necessario scongiurare ogni attacco alla loro libertà di rappresentanti delle istituzioni, evitando che solitudine e paura vanifichino o paralizzino il loro operato.
Lasciare la magistratura, le forze dell'ordine, i testimoni e chiunque sia istituzionalmente designato nella lotta alla criminalità ad andare in trincea, ma senza i mezzi necessari per combattere, sarebbe come mandare i propri soldati in guerra e lasciarli uccidere prima che arrivino al fronte.
Ogni  Stato ha il dovere di proteggere tutti coloro che accettano di servirlo, nonostante i rischi e l'isolamento.

Questo sia oggi il nostro appello corale.


Silvana Arbia

mercoledì 2 aprile 2014

"Un'Europa dei diritti per superare le disuguaglianze di oggi"

Arbia: "Un'Europa dei diritti per superare le disuguaglianze di oggi"
di Silvana Arbia, candidata per L'Altra Europa con Tsipras nel collegio Sud

L’Europa delle disuguaglianze azzera la dignità individuale e collettiva di intere generazioni, cancellando il presente e negando ogni futuro, andando a infrangere quel patto generazionale che aveva sorretto la rinascita economico-sociale delle democrazie sorte nel periodo post-bellico del secolo scorso.
La crisi che affligge i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, Italia e Grecia in primis, colpisce fasce sempre più vaste di popolazione, deprivata di quei diritti fondamentali che sembravano ormai acquisiti al patrimonio comune, frutto di conquiste sociali e di politiche unitarie, che si ponevano come pilastri fondamentali del processo di unificazione europea.
L’Europa delle libertà, quale fondamento ideale alla base della nascita stessa dell’intero progetto politico dell’Unione, sembra oggi mostrare tutti i limiti e tutte le contraddizioni, a fronte di un’evidente e macroscopica distonia fra quei Paesi che detengono la primazia delle politiche economiche e finanziarie (Germania in testa, ma anche tutte le altre democrazie nord-europee) e Paesi mediterranei, che continuano a subire le imposizioni della cd Troika, che nulla hanno a che fare con reali progetti di risanamento e di sviluppo.
Politiche industriali al tracollo, interi settori produttivi in totale declino, assenza di investimenti nei settori della ricerca, dello sviluppo e della cultura, portano a conseguenze di impoverimento e di progressivo degrado per milioni di donne e di uomini, colpendo con drammaticità le fasce generazionali più deboli, senza risparmiare anziani, giovani e bambini.
Le politiche di austerità imposte in Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, stanno intaccando quei principi fondamentali di tutela della dignità umana, deprivando intere popolazioni del diritto al lavoro, alla salute, all’accesso all’istruzione e all’informazione. Oggi è a rischio di impoverimento il 17% della popolazione dell’Unione Europea, mentre 120 bilioni di euro si perdono a causa della corruzione.
Azioni serie, contro la corruzione e la criminalità organizzata, con una più efficace cooperazione tra gli Stati e la centralità della dignità individuale e sociale devono figurare tra le proprietà nell’agenda delle istituzioni europee nei prossimi anni, se si vuole evitare la crescita della regressione antidemocratica e le istanze separatiste, che sempre più spesso sorgono all’interno della stessa area UE, con preoccupanti riemersioni di idee e gruppi dichiaratamente ispirati al nazionalsocialismo.
Arginare l’antieuropeismo è una necessità, ma si può stare in Europa se i cittadini troveranno in essa una garanzia in più rispetto a quella statale, che loro, i loro figli e i loro nipoti possano vivere liberi e con dignità in un comune spazio di sicurezza, di giustizia e di prosperità.
La risposta, per una politica che superi le diseguaglianze, intraprenda una seria azione contro la povertà e per lo sviluppo non può che incentrarsi sul progetto di un’Europa dei diritti. Un’Europa dei cittadini, fondata sull’equità, sul rispetto della diversità, sull’accoglienza e sulla giustizia.  

Garanzie per i giovani (“Youth Guarantee”)


Gli Stati membri dell’UE devono stabilire un sistema che aiuti i giovani ad entrare e rimanere nel mercato del lavoro

di Silvana Arbia

Il 28 febbraio il Consiglio dell’UE ha raggiunto un accordo politico su una raccomandazione da indirizzare agli stati membri intitolata « Youth Guarantee » (Garanzie per i giovani). Gli stati membri devono prevedere, tra le altre misure, che le persone di etá inferiore a 25 anni disoccupati o che hanno perso lavoro siano aiutate a inserirsi o reinserirsi nel mercato del lavoro. Essi dovrebbero ricevere un’offerta di impiego entro 4 mesi da quando sono rimasti senza lavoro o da quando hanno lasciato formalmente gli studi. Trattandosi di una raccomandazione, spetta agli stati porre in essere le garanzie adeguate in linea con i criteri fissati dal Consiglio dell’UE. Tale raccomandazione costituisce una componente di una serie di interventi in materia di occupazione giovanile e fa parte del pacchetto di misure per l’occupazione giovanile (Youth employment package) che non puó non essere una prioritá a livello europeo e a livello nazionale.

Sempre in questi giorni é disponibile uno studio sulla “bioeconomia” per rilanciare l’occupazione in Europa. Secondo uno studio del comitato per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento Europeo, giá 22 milioni di persone sono impiegate nel campo della bioeconomia e il programma Horizon 2020, di cui ho giá accennato in un precedente post, ha creato circa 130.000 posti di lavoro.

Lo stesso Comitato, illustrando alcune proposte concrete, nota che gli stati membri dovrebbero organizzare corsi di bioeconomia e programmi di formazione con un ruolo dell’UE di leader e di pionierato nel settore. Le ricerche e gli studi dovrebbero ora tradursi in prodotti commerciabili, col vantaggio che la bioeconomia permette la riduzione dei costi di produzione e dell’inquinamento. In aree rurali e forestali l’UE dovrebbe investire e finanziare lo sviluppo di quelle aree, con risvolti positive in materia di occupazione.

Speriamo che si agisca presto senza aspettare che i giovani diventano vecchi prima di beneficiare delle garanzie in questione…

pubblicato il 2 marzo 2013 su http://www.laperfettaletizia.com/