E’ una Festa del 1° Maggio anticipata
dall’ultimo dossier della UE sui Paesi europei. Una
relazione che ha bocciato l’Italia sul tema della
produttività, degli investimenti nella innovazione e della burocrazia che
frena, e non aiuta, il sistema produttivo.
“Molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese
alla qualità deteriorata delle sue istituzioni – evidenzia il rapporto del
Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione
sull’andamento delle economie dell’eurozona dall’inizio della crisi fino ad
aprile 2014 - e la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli
indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie
dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso
dell’Italia”.
E l’analisi
continua sottolineando che “Il Tfp dell’Italia - cioè il fattore che calcola il peso dei
vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle
tecnologia - si è allontanato significativamente da quello del resto
dell’Eurozona, nel decennio che ha preceduto la crisi, anche se la stessa
Italia non era fra le nazioni che cercavano di inseguire quelle più progredite.
Il calo del Tfp ha spinto l’Italia a divergere dalle altre nazioni dell’euro”.
Perché accade questo? La risposta è abbastanza chiara: per la
bassa qualità dei servizi pubblici e per la mancata indipendenza dalle
pressioni politiche.
E che dire delle tasse? «C’è la prova - emerge dal dossier -
che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e la
attività di ricerca e sviluppo, sfociando in un impatto negativo sul Tfp”. L’Italia ha una tassazione media vicina al 47%, e fra il
1994 e il 2007 non riesce a far crescere il suo Tfp dell’1%, mentre la
Finlandia supera nello stesso periodo l’1,5.
Da Bruxelles ci fanno sapere che hanno operato bene le poche
nazioni, come la Germania, dove è stato maggiore il contributo di capitale
originale dalle industrie ad alta tecnologia (ottica, elettronica,
comunicazioni digitali in genere), e maggiori anche gli investimenti dedicati
alla ricerca e allo sviluppo. “Nella maggior parte
delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle
industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi
anni del periodo pre-crisi (2004-2007) specialmente nei Paesi il cui il fattore
Tfp declinava ( la Spagna, il Portogallo e l’Italia). E gli insufficienti
investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante
spiegazione per il deludente andamento”.
“I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo –
rileva il dossier - tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp.
Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil
(ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso
medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi”.
Uno stato di fatto che si riflette,
inevitabilmente, “sull’andamento
dei redditi pro-capite nell’Eurozona, che ha rallentato fin dalla metà degli
anni ‘90”.
Non arrivano buone notizie, ancora una volta, sullo “salute”
dell’Italia. Bisogna farlo sapere ai cittadini italiani, ai nostri cittadini, in particolare a quelli del Sud.
Le rivendicazioni per il lavoro, le legittime aspettative di
tanti inoccupati e disoccupati non possono prescindere dall’informazione sull’adeguatezza,
o meno, di chi gestisce le politiche del lavoro. L’Europa, ancora una volta,
bacchetta la classe dirigente italiana. Purtroppo, in questa Festa del 1°
Maggio, non possiamo dimenticarlo.