mercoledì 30 aprile 2014

Silvana Arbia: “Un’altra bacchettata della UE all’Italia sui temi del lavoro e della produttività”

E una Festa del 1° Maggio anticipata dallultimo dossier della UE sui Paesi europei. Una relazione che ha bocciato lItalia sul tema della produttività, degli investimenti nella innovazione e della burocrazia che frena, e non aiuta, il sistema produttivo.
Molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue istituzioni – evidenzia il rapporto del Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione sull’andamento delle economie dell’eurozona dall’inizio della crisi fino ad aprile 2014 - e la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso dell’Italia.
E lanalisi continua sottolineando che Il Tfp dell’Italia - cioè il fattore che calcola il peso dei vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle tecnologia - si è allontanato significativamente da quello del resto dell’Eurozona, nel decennio che ha preceduto la crisi, anche se la stessa Italia non era fra le nazioni che cercavano di inseguire quelle più progredite. Il calo del Tfp ha spinto l’Italia a divergere dalle altre nazioni dell’euro.
Perché accade questo? La risposta è abbastanza chiara: per la bassa qualità dei servizi pubblici e per la mancata indipendenza dalle pressioni politiche.
E che dire delle tasse? «C’è la prova - emerge dal dossier - che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e la attività di ricerca e sviluppo, sfociando in un impatto negativo sul Tfp. L’Italia ha una tassazione media vicina al 47%, e fra il 1994 e il 2007 non riesce a far crescere il suo Tfp dell’1%, mentre la Finlandia supera nello stesso periodo l’1,5.
Da Bruxelles ci fanno sapere che hanno operato bene le poche nazioni, come la Germania, dove è stato maggiore il contributo di capitale originale dalle industrie ad alta tecnologia (ottica, elettronica, comunicazioni digitali in genere), e maggiori anche gli investimenti dedicati alla ricerca e allo sviluppo. Nella maggior parte delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi anni del periodo pre-crisi (2004-2007) specialmente nei Paesi il cui il fattore Tfp declinava ( la Spagna, il Portogallo e l’Italia). E gli insufficienti investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante spiegazione per il deludente andamento.
I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo – rileva il dossier - tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp. Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi.
Uno stato di fatto che si riflette, inevitabilmente, sull’andamento dei redditi pro-capite nell’Eurozona, che ha rallentato fin dalla metà degli anni ‘90.
Non arrivano buone notizie, ancora una volta, sullo “salute” dell’Italia. Bisogna farlo sapere ai cittadini italiani, ai nostri  cittadini, in particolare a quelli del Sud.

Le rivendicazioni per il lavoro, le legittime aspettative di tanti inoccupati e disoccupati non possono prescindere dall’informazione sull’adeguatezza, o meno, di chi gestisce le politiche del lavoro. L’Europa, ancora una volta, bacchetta la classe dirigente italiana. Purtroppo, in questa Festa del 1° Maggio, non possiamo dimenticarlo.

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