I minori diversamente abili a cui viene
garantita l'assistenza sono 20, ma la Regione Basilicata ne riconosce solo 8 ai
fini dei contributi da attribuire alla struttura che li accoglie. Accade in uno
dei paesi lucani che ho visitato, dove il personale del Centro è costretto a
lavorare a metà servizio, ed anche a fare opera di volontariato, pur di mandare
avanti un servizio essenziale per quei bambini. Una situazione che per un verso
penalizza pesantemente i bambini che devono essere seguiti di continuo e con
molto impegno, e che per l'altro mette in discussione occupazione e posti di
lavoro.
Tutto questo si verifica in uno dei
comuni "petroliferi" della Basilicata. Evidentemente, i fiumi di
"oro nero" che si concedono alle compagnie petrolifere non possono servire
nemmeno a sostenere attività sociali indispensabili e servizi primari per le
famiglie.
Sono indignata per quello che mi
riferiscono. Non è possibile che debbano accadere cose di questo tipo, che non
ci sia la giusta attenzione nei confronti dei cittadini, minori e adulti, e dei
loro problemi "vivi", quotidiani.
Più volte, negli ultimi tempi, ho
ricordato che l'Unione europea ha aderito alla convenzione delle Nazioni Unite
sui diritti delle persone con disabilità. Si tratta di una serie di principi fondamentali,
tra cui il rispetto per la dignità, la partecipazione e l'inclusione nella
società, le pari opportunità, il rispetto per l'identità dei minori con
disabilità e per lo sviluppo delle loro capacità.
Gli Stati che hanno aderito alla
convenzione adottano tutte le misure necessarie per garantire il progressivo
rispetto di questi principi. Essi si impegnano, inoltre, ad agire a favore dei
diritti economici, sociali e culturali dei diversamente abili. Purtroppo, il
Sud e la Basilicata sembrano appartenere ad un altro mondo, ad un altro pianeta
dove non si ottiene "per diritto" e "per necessità", ma
solo se in cambio non viene garantito "altro".
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